Di Diego, lo Chef libero da schemi

Il Don Giovanni

Senza schemi in cucina…Pierluigi di Diego

Metti un bistrot che si affaccia sulla piazzola interna di un signorile palazzo, dove guardando in alto vedi il cielo attraverso una bella geometria di vetrate, e una cupola di alici marinate di Porto Garibaldi, belle grasse e invitanti, accompagnate da biscottati crostini. C’è già quanto basta per iniziare a volare via!
Mi avvento sulle alici come se fosse un sacchetto di patatine, una tira la l’altra. Le divoro avidamente non preoccupandomi nemmeno di preservare uno spazio per altri piatti. Prima di ritrovarle ancora così buone!…

Mi trovo al Bistrot La Borsa a Ferrara, la seconda creatura dello chef Pier Luigi Di Diego, dopo il rinomato ristorante Don Giovanni, limitrofo. Sono ferma alla alici, il piatto più semplice, o per meglio dire conosciuto, fra quelli in menù. Pochi ingredienti sapientemente calibrati mi restituiscono un’armonia di sapori straordinaria! Già parla la mano che ci sta dietro.
Una simpatica lavagnetta treppiedi con il menù del giorno, scritta dallo stesso Pier Luigi, che viene spostata da un tavolo all’altro via via che si deve ordinare, stuzzica, stuzzica su più piatti. È briosa tentazione, emana effervescenza e porta a chiedersi “oggi di cos’ho più voglia tra tutto questo ben di Dio?”

Ci pensa Laura Galantuomo, la giovane moglie di Pier Luigi, a guidarmi nella scelta. Si avvicina al tavolo, discreta e sorridente, mi racconta e consiglia. Crea una bella atmosfera il suo approccio. Lascia un segno. Fino a qualche tempo fa c’era Marco Merighi, socio di Pier Luigi e maitre di sala, trasferitosi all’estero. Ora c’è lei, bellissima in quel ruolo. E professionale, con l’impronta di impresa che sta conferendo all’attività.
Ha fatto la sua scelta di lasciare un’importante posizione sempre nel settore ed è salita in tandem con il marito, a condividere un progetto. Con coraggio e con forza. Se li guardo insieme dico con amore.

A tratti compare Pier Luigi, si affaccia sulla scena, un saluto, una battuta o il servizio di un piatto al tavolo. Informale, bizzarro, fuori dalle righe. La sua spontaneità ispira al primo approccio simpatia, parla in maniera diretta lasciando trapelare un bel pensiero libero da schemi. Motivo per cui la simpatia per lui, perlomeno la mia, raddoppia.

Ha tanti amici Pier Luigi e nella sua cerchia di “addetti ai lavori” ne conta di molto cari.

Come Bruno Barbieri, che oggi è arrivato al bistrot in compagnia di un paio di commensali ed è entrato con la familiarità di uno che si sente a casa sua.

A legare Pier Luigi a Bruno Barbieri come a Giacinto Rossetti, Igles Corelli, Mauro Gualandi e poi Marcello Leoni, Italo Bassi, Marco Ghezzi, Sandro Trioschi, Vincenzo Morgia fu il Trigabolo, una delle esperienze più straordinariamente visionarie e innovative del fare ristorazione in Italia, che ha preso vita in quel di Argenta tra il 1983 e il 1993.

Uno dei pochi casi in cui la critica si è trovata concorde all’unisono nel riconoscerne l’incredibile valore sotto molteplici aspetti: a partire dal reale lavoro di squadra, senza rigide gerarchie, con libertà di apporto di idee da parte di tutti, la liberazione della creatività, il cambio del menù ogni giorno…

Non sorprendiamoci quindi se in Pier Luigi troviamo quel guizzo che lo rende altro e per questo così bello rispetto al modo più comune di approcciare alla cucina. All’epoca del Trigabolo era un giovanissimo chef, lì si è forgiato e lì ha preso il coraggio di manifestarsi come lo vediamo oggi. Siamo affamati di saperne di più, noi arrivati dopo. Pier Luigi e compagni di brigata, sono queste le notizie con cui ci vogliamo nutrire. Non può esserci cultura enogastronomica nel nostro Paese senza una conoscenza di ciò che di meglio ha saputo partorire!

Simona Vitali

Posted on 27 Ottobre 2015 in Blog

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